Festa delle Stimmate di San Francesco
Oggi la famiglia francescana celebra la Festa dell'Impressione delle Stimmate! Di seguito riportiamo il testo dalla Leggenda Maggiore (Vita di San Francesco di Assisi) di San Bonaventura da Bagnoregio dove si racconta che San Francesco, «dopo essersi impegnato, secondo l’esigenza dei tempi e dei luoghi, a procacciare la salvezza degli altri, lasciava la folla col suo chiasso e cercava la solitudine, col suo segreto e la sua pace. Là dedicandosi più liberamente a Dio, detergeva dall’anima ogni più piccolo grano di polvere, che il contatto con gli uomini vi avesse lasciato». Fu così anche alla fine di agosto dell’anno 1224 quando Francesco decise di ritirarsi, accompagnato da alcuni dei suoi frati, presso un romitorio in cima ad un monte chiamato Verna, non lontano dalla cittadina di Arezzo.
Mancavano pochi giorni, come oggi, alla festa della Esaltazione della santa Croce e Francesco aveva iniziato da qualche settimana il digiuno in onore di san Michele Arcangelo. Quella mattina, come era suo solito, si era raccolto in preghiera e si rivolse a Gesù con queste parole: «O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti priego che tu mi faccia, innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione; la seconda si è ch' io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi». Il Signore Gesù Cristo così invocato ad intimo colloquio non tardò nel rispondere al suo umile servo. D’un tratto levati gli occhi al cielo, investito da una forte luce, Francesco vide una figura di angelo avvicinarsi a lui e da esso apparire, tra le sei ali che lo reggevano, l’immagine di un uomo crocifisso.
Il racconto di quel momento ci dice che Francesco «a quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore […]. Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che l’infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natura spirituale e immortale del serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per divina rivelazione, lo scopo per cui la divina provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui, l’amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l’incendio dello spirito».
Ecco compiersi, due anni prima del suo Transito, il momento più alto della vita di Francesco, con la sua carne divenire tutt’uno con Cristo, specchio della sua sofferenza e della sua Passione: «Scomparendo la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne». L’invocazione di Francesco ebbe così il suo epilogo. Sul suo corpo comparvero e vi rimasero, fino alla morte, le cinque ferite di Gesù Cristo crocifisso: i segni dei chiodi sulle mani e sui piedi, sul fianco destro il taglio della lancia. Da quel mattino alla Verna le sacre stimmate divennero compagne della vita di Francesco tra il tentativo del Santo di celarne a tutti l’esistenza e il desiderio, non senza curiosità, dei fratelli di poter vedere un tale prodigio. «Vedeva il servo di Cristo, che le stimmate impresse in forma così palese non potevano essere nascoste ai compagni più intimi; temeva, nondimeno, di mettere in pubblico il segreto del Signore ed era combattuto da un grande dubbio: dire quanto aveva visto o tacere?».
Nella Legenda di Bonaventura si racconta che la decisione fu presa con i fratelli dando ascolto alle parole di fra Illuminato «di nome e di grazia» che così lo persuase: «Fratello sappi che qualche volta i segreti divini ti vengono rivelati non solo per te, ma anche per gli altri. Ci sono, dunque, buone ragioni per temere che, se tieni celato quanto hai ricevuto a giovamento di tutti, venga giudicato colpevole di aver nascosto il talento».
Che Francesco fosse proprio convinto di questo e propenso a mostrare i segni che il Signore aveva impresso sul suo corpo, qualche dubbio però resta. Tommaso da Celano, autore della prima biografia del Santo, racconta proprio del contrario, ovvero che Francesco, mai e poi mai, avrebbe attratto l'attenzione sulle sue stimmate, nonostante i tentativi dei fratelli di poterle vedere e talvolta qualche «pio» stratagemma per scoprirlo. «E benché non potesse nascondere del tutto ai compagni le stimmate delle mani e dei piedi, sopportava però a malincuore che altri le osservasse. Per questo, anche gli stessi compagni con molta prudenza, quando per necessità il Santo scopriva le mani, volgevano altrove lo sguardo». Tanto non desiderava gli sguardi sulle sue mani e sui suoi piedi segnati tanto, a volte, era ruvida la sua risposta a chi, tra i suoi fratelli, mosso da umana curiosità, gli faceva delle domande: «Quelle vestigi del Crocifisso, degne d’essere venerate anche dagli spiriti eccelsi, non va taciuto con quanti veli abbia coperte, con quanta cura nascoste. […] Una volta uno dei compagni, vedendogli le stimmate nei piedi, domandò “Che è mai ciò, buon fratello?” Ed egli rispose: “Impicciati dei fatti tuoi!».
Così come Francesco chiese al Signore la grazia di sentire l'amore e la sofferenza di Gesù Crocifisso nella sua carne ... noi oggi chiediamo al Signore per l'intercessione del Poverello di Assisi la grazia di poter incarnare nella nostra vita l'amore che Lui riversa ogni giorno nei nostri cuori e il coraggio di soffrire per amore.