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Santa Chiara d'Assisi



 

11 agosto Festa di Santa Chiara d'Assisi di fr. Domenico Spatola


Fu dono dello Spirito alla Chiesa, e accolta da Francesco con suo inusitato carisma. Quando tutti correvano per la ricchezza e la elevazione sociale, Francesco e la sua "alter ego" scelsero il Vangelo "sine glossa", senza indugi: "Va' vendi quel che hai e dallo ai poveri". Fu perentorio monito dell'Amato. Per ambedue. L'altra dopo l'uno. I luoghi vissuti, "santuari mistici", profondono tutt'oggi spiritualità di sorgente a dissetare assetati di Dio. La Porziuncola, in primis per la notte di "fuga nel deserto". La chiamata dello Sposo, era irresistibile e Chiara si fidanzava. Francesco ne fu l'amico e sull'altare del suo Eden, ne propiziò la rinuncia alla chioma, estremo atto per legarsi a Cristo e ricevere la corona sponsale. Presto con lei altre compagne in stessa sete di felicità. Erano le nuove "dame di madonna Povertà". Francesco specchiava il Crocifisso che, a san Damiano "giardino della Risurrezione", continuava a parlare anche a Chiara: "ripara la mia Chiesa". Provò con stessi strumenti del maestro di preghiera Francesco, e l'affezione assoluta a "Madonna Povertà" . Senza smagliature. Il papa proverà a convincere Chiara a mitigare la scelta, ma per lei il Cristo era "nudo sulla croce nuda" , e lui voleva imitare. Il mistico chiostro e l'austero  coro per le laudi al Signore, contagiano energie di cielo ai pellegrini dell'Assoluto. Francesco, Adamo del suo tempo e Chiara, Eva compagna di ideale, fanno ritrovare con il Vangelo il paradiso sulla Terra.


 

Chiara, la "pianticella" di Francesco di fr. Giovanni Salonia


È sempre bello parlare di Chiara, di questa “donna nuova della valle spoletana”, come la definì Alessandro IV nella Bolla di Beatificazione (1255). Ha scritto all’inizio del secolo il Sabatier: “La figura di Chiara non è soltanto una riproduzione di Francesco […]. Si ha l’impressione che lei se ne sia rimasta dietro le quinte, per umiltà. Ma anche gli altri non hanno avuto verso di lei il doveroso riguardo […]. Senza tali reticenze, Chiara si troverebbe oggi fra le più grandi figure femminili della storia” (citato da C. Cargnoni). Un’altra testimonianza, impressionante e certamente al di là di ogni sospetto, è quella di Palmiro Togliatti, il quale tanti decenni orsono, nel primo discorso alle donne comuniste di ritorno in Italia: “Non crediate – disse – che la religione cattolica sia in sé e per sé un elemento di ostacolo alla emancipazione delle donne, tanto è vero che io vi invito a ripensare la storia di Chiara, donna quanto mai autonoma” (raccontato da Miriam Mafai).

        Vediamo alcune di queste “novità” di Chiara che ce ne lasciano intuire la grandezza.

Chiara è l’unica santa non di stirpe regale del XIII secolo: fatto veramente insolito, dato che a quel tempo solo le regine venivano beatificate (Marco Bartoli).

Chiara è la prima donna che ha il coraggio di scrivere una regola. Prima di lei erano gli uomini che scrivevano le regole anche per le donne, ricevendo magari da qualche donna più coraggiosa il rimprovero di non capire fino in fondo le esigenze anche fisiche delle donne (cfr. al riguardo la simpatica lettera di protesta di Eloisa ad Abelardo in Anton Rotzetter). E Chiara ha anche il coraggio di insistere fino in fondo e fino alla fine con i vari Pontefici per l’approvazione della sua regola; la sua fiducia verrà premiata in quanto la sua regola sarà approvata due giorni prima della sua morte.

          Chiara ottiene, per la sua costanza e la sua decisione, quello che diventerà il cuore dell’esperienza sua e delle sue sorelle: il “privilegio della povertà assoluta” o, usando la bella espressione di uno dei suoi più stimati biografi attuali, “il privilegio di una vita senza privilegi” (Marco Bartoli). Lo stesso Papa si metterà a ridere di fronte alla richiesta di Chiara e commenterà: “Tutti vengono a chiedermi privilegi e premono per averli, solo tu mi chiedi di non avere privilegi”.

     Questa grande fermezza e forza non rendono Chiara dura o non docile, anzi si armonizzano con un’ubbidienza estrema, un’umiltà profonda, una capacità spiccatamente femminile di riconoscere ed esprimere il bisogno che ha di Francesco e della sua presenza. Chiara è, infatti, una donna realizzata a livello umano e di fede, una donna signorile e umile, affettuosa e austera, forte e tenera, figlia, sorella, sposa e madre: Chiara è pienamente donna e pienamente cristiana. Forse per questa ragione Francesco amava chiamarla con il titolo di “donna cristiana”!

 

         Un’altra caratteristica di Chiara che oggi sempre più emerge è il ruolo determinante che ella ha avuto per Francesco e per i primi tempi dell’Ordine. Appare infatti sempre più evidente che la ricchezza interiore di Francesco, la sua sensibilità, la sua fede non solo si esprimevano nel rapporto con Chiara ma da questo rapporto ricevevano nutrimento, possibilità di maturazione e di espressione. Per cui si rende necessario riconoscere e valorizzare la componente “clariana” della spiritualità francescana, dopo che per secoli è stata sottolineata la dipendenza della spiritualità clariana da quella francescana. Chiara non è rimasta “discepola”, o come Lei usava definirsi, “pianticella” di Francesco, ma è diventata anche sua consigliera, suo punto di riferimento, suo sostegno spirituale. L’episodio di Francesco che chiede a qualche frate e a Chiara preghiera e luce sulla sua vocazione, non è un fatto isolato ma è emblematico di un aspetto centrale della relazione tra Francesco e Chiara. Nel processo di beatificazione di Chiara – una delle fonti più genuine e fresche – si racconta che Francesco invia a Chiara un frate difficile (allora si diceva “pazzo”) e Chiara, tenendolo vicino a sé e pregando per lui, lo guarisce. Scena certamente tenera e delicata che ci fa intuire la necessità di ripensare la presenza e il ruolo di Chiara nell’esperienza di Francesco e dei suoi frati. Forse può anche essere un invito a ripensare la presenza di Chiara nella nostra vita, nelle nostre fraternità: una maggiore conoscenza della sua femminile sensibilità e tenerezza forse renderebbe pure noi più capaci di accoglienza, di delicatezza, di attenzione alle persone.

 

      Papa Giovanni Paolo II, nel famoso originale discorso del 12 marzo 1982 alle Clarisse del protomonastero di Assisi, così si esprimeva: “È veramente difficile disgiungere questi due nomi: Francesco e Chiara”. La leggenda divina di Chiara accanto a Francesco ha influito molto nella Chiesa e nella storia della spiritualità cristiana.

Ritorna l’invito a ripensare la vicenda di Francesco e Chiara come modello della luce e della grazia che raggiunge il rapporto uomo-donna quando è vissuto come dono del Padre nell’ubbidienza alla fede, nella reciprocità di un amore che contempla e non depreda. È un messaggio, cristiano e umano, necessario non solo per noi religiosi e francescani, ma anche per la società che vive il dramma della violenza e del sopruso a partire proprio dal rapporto uomo-donna.

          Chiara è maestra di fede e di preghiera contemplativa. Se il cuore della spiritualità di Francesco è la scoperta di Dio Padre di tutti e di Cristo Crocifisso fratello da amare e imitare, Chiara si centra con fedeltà vibrante e appassionata sull’amore nuziale a Cristo. Ella anticipa i temi dell’amore sponsale di Cristo e dell’anima che saranno ripresi da San Bernardo in poi.

 

          L’Eucarestia, la Parola di Dio, la Preghiera sono i cardini della spiritualità di Chiara, le fonti della sua altissima povertà. Per ragioni di tempo, ci limitiamo solo ad alcuni flash, rimandando all’interesse personale o comunitario l’approfondimento.

         L’Eucarestia nelle mani di Chiara – lo ricordiamo tutti – diventa forza più forte di ogni esercito che riesce a frenare la forza bruta dei Saraceni. E quella volta in cui il Papa, preoccupato dell’eccessiva frequenza dei frati nel monastero, proibisce di andare a predicare alle suore senza il suo permesso, Chiara con il coraggio e la forza della figlia, esclama: “Ce li tolga tutti, ormai, i frati, dopo che ci ha tolto quelli che ci davano il nutrimento di vita!” (FF 3232). E rimanda dal ministro anche i frati che facevano la questua per le suore, iniziando uno “sciopero della fame” che farà revocare al papa la disposizione. Chiara sa che si può vivere senza pane, ma non senza Parola di Dio!

       

         Le lettere di Chiara ad Agnese mentre rivelano il suo gande rispetto per una sorella che ha lasciato gli onori regali per diventare clarissa, permettono di intravedere qualcosa del sublime e dolce mistero di Chiara per il suo Signore. Scrive ad Agnese: “Colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagine della divinità di Lui. Allora anche tu proverai ciò che è riservato ai soli suoi amici, e gusterai la segreta dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall’inizio per coloro che lo amano” (FF 2888-2889).